Se fossi un troiano, sarei Cassandra. Chi se ne frega degli eroi esagitati con tutte le loro fisime da Dei convinti che ostentano sapere, volere e tenacia? Sai che noia! Io voglio la resa davanti all’evidenza. Il miracolo senza cui non si puo’ stare. Io voglio un altare di pietra e pelli di bestie scannate. Conciate. E grezza, la lana, voglio intorno al collo. Voglio i velli e i confini del non ritorno. Voglio crescere come l’edera sui muri, voglio improvvisamente comparire. Come la bellezza sa fare, come tutti fingono di capire. Hai davanti quattro carte questa notte, ognuna e’ un destino. Ci sono quattro tarli diversi, c’e’ il fuoco del camino e Cassandra si piega in avanti e sorride allungando la mano. Prende dal tavolo un foglio di carta e i colori, e saluta con lo sguardo distratto. S’affaccia sospesa sul pozzo, infinito. Socchiude le labbra, non ha piu’ saliva. E qualcosa le parla, e’ una voce, sicuro, ma bisognerebbe provare. Qualcuno crede che attinga, mentre lei strilla, perche’ e’ la sua stessa vita a farle cosi’ tanto male. E nessuno la stima. Nessuno le dà retta. Nessuno le bacia la bocca rossa come la terra. Nessuno la trapassa senza lasciare impressioni, niente l’attraversa abbastanza in fretta. Cassandra ha gli occhi svelti che accolgono il tempo, e la neve e la legna e i turbini grigi sulla sciarpa, prima ancora che arrivi l’inverno.

Leave me alone, Cassandra


(immagine di copertina: Francesca Anita Modotti)

mercoledì 14 marzo 2012

1985


(Fotografia, Francesca Anita Modotti)




"Si ama come si sa e i passeri dormono sugli alberi."
(NARKOTIKA E LE SUE FIGLIE, Consono o no)



Diresti di tutto questo sguardo, che è limpido come il cielo in Liguria tra dicembre e gennaio? Diresti, di tutto questo cammino stanco, che è agile come il gatto a cui hai tagliato la coda? Io no. Io non potrei mai. Per me ci sono tovaglie stese sull'erba e c'è il desiderio di giocare a palla. E le due cose non possono che essere in contrasto. Perché dal bosco escono folletti e maghi, mentre dai cesti escono pranzi che fanno bene, sono nutrienti, ma che non sanno in alcun modo divertire. Ecco, io penso che siano agli antipodi i due modi di guidare. A destra o a sinistra, chiaro, si rischia a volerli mischiare, al minimo un frontale. Ma c'è di più. C'è un germe che macina grano e ne fa pane, e c'è un germoglio che nasce cresce e muore sotto l'umido e il secco con le stagioni a rincorrersi fino a un termine, e per il genere che si è, fosse anche quello umano. Strano. Mi chiedi se ho più o meno voglia di fare l'amore. Ma si legge bene il sottotitolo. Avresti dovuto nasconderlo meglio nel contratto. Le postille come le truffe vanno regolate sull'orologio della sapienza. Se la truffa è riuscita bene, il pollo si chiede ancora se è stato o no fregato, anche mentre rosola nel forno. Questa è la regola base, da cui si può desumere bene quale principio sia a fondamento del nostro agire. Menti ai tuoi amici, se vuoi ingannare i nemici. Il fatto è che non si costruisce nulla col pensiero. Il fatto è che si vive e si crea il mondo. Funziona così. No, non è un mistero che tocchi agli astri ignorarci e che stia a noi l'ammirarli. E allora nulla, amica mia: avevamo ragione a quel tempo. Quando rifiutavamo la prospettiva in cui ci facevano ingegneri del creato, del pensabile e del sincero verso di piccoli pulcini ammaestrati. Non siamo altro dal mondo, non sei altro da me. E tutto ciò che ci conduce, ci mescola inesorabilmente. Ed io non vedo ingiustizia, vedo la necessità. Non vedo l'inimicizia, vedo la solidarietà di ogni pensiero verso gli altri pensieri. Quelli sono come le stelle. Ci guardano e si lasciano ammirare. Non concedono molto altro. Come dire, quasi niente. Proponi una azione, una presa di coscienza e proporrai un faro sul mare a definire il confine tra quello e la terra. Utile alle navi, certo, alle navi come io stesso sono. Ma se leggi bene nel contratto scoprirai che nemmeno la terra s'esime dal navigare. E che nemmeno il mare sa rinunciare a pioverci sopra, a imbrattarla, a penetrarla e a creare. Possiamo smettere di crescere? Possiamo capire cosa e dove siamo? Possiamo fare finta che non ci interessi? L'inimicizia è come il seme su cui tutto tace, su cui l'acqua non cade, su cui la terra non s'ammucchia. Resta lì, dentro un vaso di vetro, e sterile rinuncia a colpire nel segno. Come se fosse l'ultimo seme al mondo a non provare spavento. Siamo sogni di altre persone. Siamo il moto incessante delle onde, dei raggi cosmici. Siamo un'ombra, e tutto ciò che racconta. Siamo sopra, oltre e al limite. Siamo il fiume, la campagna. Bacche di stramonio che crescono sulla sponda.

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