Se fossi un troiano, sarei Cassandra. Chi se ne frega degli eroi esagitati con tutte le loro fisime da Dei convinti che ostentano sapere, volere e tenacia? Sai che noia! Io voglio la resa davanti all’evidenza. Il miracolo senza cui non si puo’ stare. Io voglio un altare di pietra e pelli di bestie scannate. Conciate. E grezza, la lana, voglio intorno al collo. Voglio i velli e i confini del non ritorno. Voglio crescere come l’edera sui muri, voglio improvvisamente comparire. Come la bellezza sa fare, come tutti fingono di capire. Hai davanti quattro carte questa notte, ognuna e’ un destino. Ci sono quattro tarli diversi, c’e’ il fuoco del camino e Cassandra si piega in avanti e sorride allungando la mano. Prende dal tavolo un foglio di carta e i colori, e saluta con lo sguardo distratto. S’affaccia sospesa sul pozzo, infinito. Socchiude le labbra, non ha piu’ saliva. E qualcosa le parla, e’ una voce, sicuro, ma bisognerebbe provare. Qualcuno crede che attinga, mentre lei strilla, perche’ e’ la sua stessa vita a farle cosi’ tanto male. E nessuno la stima. Nessuno le dà retta. Nessuno le bacia la bocca rossa come la terra. Nessuno la trapassa senza lasciare impressioni, niente l’attraversa abbastanza in fretta. Cassandra ha gli occhi svelti che accolgono il tempo, e la neve e la legna e i turbini grigi sulla sciarpa, prima ancora che arrivi l’inverno.

Leave me alone, Cassandra


(immagine di copertina: Francesca Anita Modotti)

venerdì 17 febbraio 2012

ADOLESCENZA (PERDERSI, RITROVARSI, NON RICONOSCERSI) - PARTE SECONDA


(L'opera d'arte qui sopra e' di Francesca Anita Modotti)




La favola che non conosci è la più bella, la stella che non vedi è la più tremenda, l'orgoglio che non ti coglie è il più mansueto, la bugia che non hai detto è quella che ti prende da dietro.

Vivere, si viveva come fanno i cani, sempre col dolore tra i denti e continuando a usarli. Si piangeva alle volte, ci si lamentava persino, ma era solo apologia di reato, un encomio al destino durante il quale si perde continuamente il filo. Avevamo 16 anni, che altro dire? Tutto sembra un fiore che sboccia, persino la tragedia più infame. E ci scoprivamo le cosce in segreto, nascosti tra i rami del tramonto, tegole verniciate di rosso, azzurri petali cadenti stesi a barre sul bosco. Il bosco era grigio, di antenne fitte e scorrevoli, carrettate di sguardi distratti, con un po' di fatica, ma facili a cambiare padrone. I palazzi erano vetri infranti, cieli incrinati dal freddo, e tutti insieme piangevamo la morte di un gatto, se quello moriva in un fumetto. Di segreti ne conservavamo pochi, perché i segreti sono biglie di colori affamati, il gioco proibito in mano ai bambini più grandi. E non c'era verso, davvero non ce n'era, di scambiarle con altri fogli scritti da maestri severi e seri. Chi aveva il motorino era un fesso, perché si potevano rubare, quelli. E chi aveva la patente non ci guardava nemmeno, perché eravamo spiantati. Eppure tuo fratello ci prestava volentieri il suo vespone truccato. Per non averci intorno, forse sì, ma forse anche per una questione di estetica, di fiato mozzato. Perché eravamo belli, persino meravigliosi, mentre neri di sole d'agosto sfrecciavamo lungo le vie del lungomare. Io mi attaccavo alla tua pancia, te lo ricordi? mentre mi dichiaravi che scoprirci a letto era stato sorprendente, una rivelazione, uno sguardo lì dove puoi affermare, ah beh, questo non lo conosco. Ci dichiaravamo il sale della terra rubandolo al mare, e c'era bisogno solo di un pensiero alla volta, solo di un bisbiglio sereno, e poi di farsi male. Farsi male era una mia necessità, per dire il vero, che tu col male avevi una certa dimestichezza e non ci tenevi mai troppo a rincontrarlo. Però mi volevi bene, ed io te ne volevo, e spartivamo ogni cosa, in virtù della richiesta esaudita all'altro, al merito di questa bella mela rossa che Eva consegna ad Adamo. Ecco, ci dicevamo in spiaggia, Eva spezzò il frutto o ne colse un altro per il suo compagno? E perché il serpente, che al tempo non strisciava, non se la prese con lui, con l'uomo, che come modello pareva più abbordabile? Ma entrambi sapevamo che non basta essere metà dello stesso pomo, che Platone era un illuso. Entrambi sapevamo che il destino non tiene conto della perfezione, si regola a istinto. Ecco, questo ci sembrava il destino, un paradosso scritto a penna con pretesa d'onniscienza, ma improvvisato a gesti secchi durante il cammino. Ferma, davanti a ogni sospetto, mi piangevi addosso le tue lacrime per ogni mio difetto. E io scorgevo chiaramente attraverso la siringa il limite oltre il quale un mondo vale un altro, oltre il quale un colore vale un salto, oltre cui il mistero non si compie se non alla fine della giostra e dico, adesso dico, che t'amai come amai quegli anni. E se su tutto il resto ho mentito, ecco, questa è la favola di una sera che non conosci, in cui la stella fa luce sui ricordi e sembri sempre bella come quella volta al risveglio, il primo mattino, quando ingoiai l'orgoglio per baciarti e cantai la mia canzone per te, invece di bruciare la memoria insieme al miele, e di ingoiare la verità scondita. E dimenticarmene, tacendo, per tutta la vita.

12 commenti:

  1. L'adolescenza fa di noi dei sopravvissuti, nostro malgrado.

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  2. meravigliosa descrizione... e quel "dimenticarmene tacendo"....dice tutto...

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  3. Per anni ho avuto paura che non sarei più guarita dall'adolescenza! Sono stata una contraddizione in ogni anno, storia, rapporto della mia vita. Ne conservo i postumi come una cicatrice di un foruncolo, ma ho imparato ad accettarla. ;)
    Non è diventato orgoglio nel frattempo, non è maturato in rassegnazione, anzi.. ma è cambiato e cambia ogni giorno. E solo questo mi fa sentire meglio, ogni giorno diversa.

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    1. siam sempre li', petroliomuso... evviva la rivoluzione, ossia il pensiero nuovo che vive adesso. evviva il cambiamento, la rigenerazione. evviva la strada, evviva il cammino. ma ricordare un vecchio grande amore come puo' essere stata l'eta' delle frescate ( :) ) o una tremenda e gloriosa battaglia, in fin dei conti, e' inevitabile. e diro' di piu', e' anche bello e sorprendente. non si capisce mai fino in fondo quanto l'andare non dipenda dal fardello. e quanto un fardello possa essere leggero da portare, o pesante anche e comunque quanto possa valerne la pena. in ogni caso, anche sotterrato, il ricordo torna quando meno te lo aspetti. anche di un fatto terribile. figuriamoci se poi e' legato a qualcosa di bello... (un giorno guardando crescere la figlia di qualcuno pensai, "un giorno sarai donna e ti vedrai bambina". poi girai quel pensiero addosso a me, e mi ritrovai adulto. ma ognuno ha il suo percorso :) )

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  4. Li ricordo tutti: belli e brutti (rima involontaria)! Ne sento ancora l'odore. Di sicuro questo è l'aspetto forse più terribile e insieme stupendo ed è quello che in assoluto non vorrò mai perdere: sensibilità di lingua, vista, tocco, udito e olfatto ed è sesto, settimo.. (senza bisogno di enumerazione) senso! :)

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    1. ai miei tempi c'era dylan dog che ne aveva un quinto e mezzo. dailan per tale Bree

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  5. Io sono rimasto adolescente, anche se , penso a volte, quasi solo per i lati negativi e dolorosi...
    Comunque, venivo qui per confermarti la sparizione della verifica parole, e invece di parole ho trovato queste, splendide: chissà se qualcuno ne scriverà mai di simili per me, per il ricordo di avermi voluto bene...

    Ciao!

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    1. grazie ancora Zio per aver mondato questo corpo di blog dal demone! :) (ce ne sono gia', e' sicuro, nel ricordo e nell'attualita' che riguarda l'amore, anche quello piu' antico)

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    2. p.s.
      Capisco e condivido la tua simpatia per Cassandra. A me è simpatico Laocoonte: colui che dice la cosa giusta e intelligente (bruciare quel Cavallo del cazzo) e quindi viene, com'è ovvio succeda fra gli uomini, messo in minoranza...

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    3. e giu' a bere e ubriacarsi. credere a tutto pur di non sforzarsi. magari morirne, ma mentre si dorme da beoni, per carita'....

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