Se fossi un troiano, sarei Cassandra. Chi se ne frega degli eroi esagitati con tutte le loro fisime da Dei convinti che ostentano sapere, volere e tenacia? Sai che noia! Io voglio la resa davanti all’evidenza. Il miracolo senza cui non si puo’ stare. Io voglio un altare di pietra e pelli di bestie scannate. Conciate. E grezza, la lana, voglio intorno al collo. Voglio i velli e i confini del non ritorno. Voglio crescere come l’edera sui muri, voglio improvvisamente comparire. Come la bellezza sa fare, come tutti fingono di capire. Hai davanti quattro carte questa notte, ognuna e’ un destino. Ci sono quattro tarli diversi, c’e’ il fuoco del camino e Cassandra si piega in avanti e sorride allungando la mano. Prende dal tavolo un foglio di carta e i colori, e saluta con lo sguardo distratto. S’affaccia sospesa sul pozzo, infinito. Socchiude le labbra, non ha piu’ saliva. E qualcosa le parla, e’ una voce, sicuro, ma bisognerebbe provare. Qualcuno crede che attinga, mentre lei strilla, perche’ e’ la sua stessa vita a farle cosi’ tanto male. E nessuno la stima. Nessuno le dà retta. Nessuno le bacia la bocca rossa come la terra. Nessuno la trapassa senza lasciare impressioni, niente l’attraversa abbastanza in fretta. Cassandra ha gli occhi svelti che accolgono il tempo, e la neve e la legna e i turbini grigi sulla sciarpa, prima ancora che arrivi l’inverno.

Leave me alone, Cassandra


(immagine di copertina: Francesca Anita Modotti)

mercoledì 22 febbraio 2012

ELZIADE - SOGGETTIVA SU ONORE, RISPETTO ED ALTRI TARLI DI GENERE


"Languida è la notte, ladra è la mattina. Sembrano paradossi, ai fornai, queste affermazioni. Eppure i filosofi hanno torto solo per ciò che negano. Perché per un panettiere dovrebbe essere diverso? Le mogli dei fornai hanno il culo bello, e anche questo è un paradosso, per i loro mariti. Quelli impastano e infornano e scaldano, e magari un buontempone passa all'alba per comperare i cornetti. E gli chiede pure se li hanno caldi, e quelli a dire che sì, sono appena fatti. Così si comporta certa gente, che mentre i fornai impastano, rimescola e impasta nei culi delle loro mogli. Elziade è un nome pretenzioso, forse, per la figlia di un droghiere. Peggio ancora se poi la figlia di quel droghiere, sposa un fornaio di paese. Ulteriormente peggio è poi se Elziade in sposa è andata a un fornaio di città. Di metropoli addirittura, con il forno a due passi dall'imbocco di una stazione del tubo sotterraneo che si contorce sotto Milano. A Milano spariscono i giorni tra le polveri e il freddo. Nei quartieri non da bere, gli alcolisti prendono tempo, in mezzo a profumi speziati, cibi cinesi, indiani, egiziani o meglio egizi, come le piramidi ma meno antichi. Se le piramidi avessero abbondanza di spezie forse non sembrerebbero nemmeno loro così vecchie. Ah sì, sembrerebbero, come il culo di Elziade, rotonde e soffici natiche nel deserto della loro esistenza. Qualche vento passa, copre un po' i ruderi, se ne porta via piccole parti. E tutto resta immutato, mentre il curry assolve gli agnostici perseveranti dal loro intento di chiamarsi fuori da ogni schieramento. Ci schieriamo, a volte, su file opposte del letto, io ed Elziade, perché ci piace giocare. Lei mi urla improperi a sé rivolti, ed io cerco di farla tacere. Le dico che i vicini sanno bene dove sta il marito a quell'ora, e che a strillare d'essere la troia di qualcuno, sarebbe bene che nessuno la sentisse. Ma lei mi guarda solo alla fine, quando ormai è venuta 5-10 volte, con gli occhi strabuzzati di una cavalla a fine corsa, e sembra solo allora rendersi conto. Secondo me vuole che il fornaio si accorga della cresta che fa alla sua fiducia. O alla sua incuria o stupidità, non so. Spesso il disinteresse è un incentivo alla trasgressione. Altre volte è un movente sciocco. Altre ancora... solo una occasione. Ma nello sguardo ebete di Elziade c'è anche una certa tranquillità, una pazienza. Dice che a dimagrire mangiando, lei è capace. O almeno, a tener sotto controllo l'incendio con la benzina che l'ha provocato. Beh, anche questa è un'arte. Ho saputo per caso, girando nel quartiere, che tiene la bocca chiusa a certi maschi facendo loro servizi, assicurando piacere. Ecco, se per lei è un piacere, che succhi pure ciò che vuole, che si faccia montare a sgamo, a buffo, che raccolga i frutti finché non sarà più tanto poco giovane come adesso, che la maturità dei gesti e l'operosità delle ossa già sono in declino. Tra qualche anno tornerà indietro, come da vecchi si torna bambini. Sarà pur vero? Sarà un giorno Elziade di nuovo abbastanza giovane da potersi permettere un bavaglino? E il ruttino a fine pasto, e il pisolino? Saranno di nuovo contenti quando dormirà di striscio al giorno, e ogni momento tornerà buono affinché non sia operosa? Non è così da quando è sposa. Il fornaio, che come tale ha il cuore, cerca spesso di puntellarle la vita con frasi a effetto. E qualche schiaffo, nemmeno se lo risparmia. Come se fosse un difetto restare a letto quando quello esce, quando affronta la nebbia e il gelo per andare a impastare. Come se fosse un errore non suo essere caduto dalla parte sbagliata del cielo, come se farla pesare valesse a sollevargli un po' le membra e il petto. Il petto di Elziade si solleva in un sospiro quando smettiamo di scopare. Prima più che altro è rimasto appeso, pesante, rollante in contrade sconosciute, quelle che coprono la distanza tra qui e il mare. Non è amore da gita della domenica, questo, non è storia da dire andiamo, ti porto in riviera. Mangeremo pesce al ristorantino sulla spiaggia e poi faremo la passeggiata. E dopo, perché no, un po' di tenerezza all'ombra di una palma. Qui si tratta di mungere, di scovare istinti, di ricostruirli a posteriori. Che il matrimonio è una pecca sul curriculum di certi genitori, e non è vero, non lo è per niente, che comperare un filtro per la macchina del caffè vale un litro di sperma spremuto e imbottigliato. Qui vale solo un discorso, ed è il discorso di chi non ha perso tempo e s'è tagliato via un braccio, un piede, un cuore o un rene con la stessa disinvoltura con cui Bruto accoltellò Cesare. Uccidere genitori ha il sapore del vescovo che imbraccia il fucile e finisce sul giornale. Un cretino, solo un cretino, può farsi beccare dal paparazzo in posa così imbarazzante. Da chi non ha niente di meglio da fare che togliersi l'anima al bando di qualche cambiale. In prossimità del marciapiede china il viso fino ai piedi e scosta un gattino dalla grata della fogna, il fotografo. Lo mette in tasca, lo porta a casa e ci si fa il brodo. Elziade avrà anche un modo tutto suo di addomesticare l'esistenza, ma certo non corre il rischio di fare una fine peggiore di quella che sa che l'aspetta. Tanto il fornaio la picchia, e se ancora più la picchiasse, poi le menerebbe in corpo col pene e l'insulterebbe all'infinito. E a lei piace. Sia completare certi cerchi di omertà con l'arte sua, che correre il rischio di godere a supplemento. E poi non sarebbe mai così scema, malgrado lo sguardo da cavalla a fine spremuta, da rovinarsi con qualcosa che non conosce, tipo la galera: liberarsi di un fornaio, mica tanto, vale! Al limite rischia che qualche amante invasato si faccia i fatti suoi. E questo anche calcola bene, Elziade, mentre imbocca i prati e si mescola con altri sorrisi ebeti. Certo, dipinge il prosieguo della sua vita. Muove biglie, gioca, gode, e aspetta che gli eventi precipitino lasciandola sempre e solo al suo posto. Anello al dito o lutto al braccio. O marito in galera, anche buono le pare come risultato. Quando vado via mi ride dietro. Ed io le spiego che capisco tutto, anche il suo ultimo occhio nero. E che non sarò io, certo non io, a impietosirmi, a cadere nel tranello. Per me tutto finisce sul bordo di un letto che non mi appartiene. E se cerca un'arma, non la cercasse nella mia schiena. Le spine che ho preso camminando, stanno tutte lì e lì rimangono. Nessuno mi farà fesso armandomi a suo piacimento, come se mi avesse fatto un favore a liberarmi il dorso. Nessuno mi annegherà col mio stesso pianto. Che poi quello ormai è anche secco, un ruscello di gesso. La montagna dona e la montagna toglie, non ne sapete niente voi? Elziade pare che l'ignori. Pare la signora dei burattinai. Ogni domenica arriva alla funzione, come se le servisse a qualcosa. E io lo so, è facile capire dove vola ,vola e alla fine si posa. Perché le donne fanno crocetta e dicono del male e del bene, ognuna sulle altre. Ma quando si tratta di dire il vero, soprattutto in chiesa, quelle si schierano con chi ha meno a che fare col marmo. Nel senso che il marmo è liscio e il marmo è duro, e va bene anche avercelo in casa. Ma chi ce l'ha lo mette in mostra, e allora vuole esporre altro che la sua ricchezza, vuole offrirsi alla lingua, per qualche sua ricetta. Quindi ci va in chiesa, Elziade, la domenica. E un altro giorno pure, a confessarsi. Quand'è così probabilmente cerca il modo di assomigliare alla pia donna che è, e si copre le bellezze con scialli e merli. Arriva di mattina, col fornaio che non si scompone. Dice, va in chiesa, a confessarsi, e sì che ne ha da dire al prete. Al prete invece Elziade succhia semplicemente il cazzo. In sacrestia, coi chierichetti in giarrettiera e pizzo a farsi sculacciare e toccare e filmare, e qualche volta vanno avanti fino a sera. Dite che è una mia fantasia? Che non accade tutto questo? Eppure ne sono certo, qualcuno me l'ha detto. O forse è stata lei stessa, che è un po' sadica. Forse. E visto che non mi smuove prova in tutti i modi a tirarmi dietro a qualche tarlo che non risponde. Così se è vero che mi ha messo questa pulce nell'orecchio, è anche vero che per mia curiosità una volta l'ho chiesto a Lazzaro, il baciapile, cosa accade il giorno in sacrestia. Lui per un attimo ha fatto finta di non capire, ma poi s'è accorto che sapevo e che volevo la conferma. E allora ha sciolto la parola e mi ha raccontato tutto con dovizia di particolari. Non fosse altro che per farsi mollare il collo, dal quale lo tenevo stretto con le mani. Le mani ce le ho grosse, callose addirittura. La stretta è un maglio, e mi sembra ancora poca la paura che riesco a fare. Mi sembra poca perché Elziade pare volermi sempre stuzzicare, e non si rende conto che io non sono il fornaio, che faccio quello che mi pare, e che il giorno in cui la dovessi spennare come un'oca, non avrebbe da guadagnarci molto. Una foca, ecco cosa mi sembra alle volte con quella sua pelliccia finta, con quella carne a iosa che pende o strabocca dalla camicia. Ieri notte alla fine s'è fatta legare al letto, in ginocchio sul pavimento, mani giunte. E mi sono seduto davanti a lei e le ho intimato di prendere l'ostia. Corpo e sangue, mangia e bevi, e rutta quando hai finito, zoccola. Mi sembra logico aspettarmi il grazie per un simile servizio. Alla fine era tardi, e ho avuto la tentazione di lasciarla così come stava. Il marito chissà cosa le avrebbe fatto tornando in camera. Ma capirai, magari finiva che le facevo anche un favore. E allora l'ho presa per i capelli, l'ho sollevata e slegata. E mentre uscivo ancora mi ha detto di prendere l'ombrello. Fuori piove, ha mugolato. E passa dal fornaio, ricordati la colazione per tua moglie. Mi tende i nervi come fossero corde d'ormeggio, alle volte. Anche dal pescivendolo va volentieri. E' un'altra sua tresca. Lo so perché le frugo nei cassetti della cucina, non trovo nulla che provenga dalla pescheria, ma addosso ci sento, ai suoi vestiti, alle sue mutandine, la puzza tipica del pesce marcio, del sangue, della latrina che è la vita del vecchio Anselmo, il pesciarolo all'angolo con la chiesa. E perché lei non nega quando le urlo di confessare, di dirmi cosa è stato a segnarle i polsi, a chi è andata a tirare una sega subito dopo la funzione del mattino, quando il cazzo di fornaio dorme invece di vegliare, invece di farle la guardia e non capire cosa accade. Ma diobono, dovessi essere io a darle delle regole a sta troia? Dovessi essere io a sobbarcarmi l'onere di vendicare tutti i torti che offuscano il ragionamento dei maschi, che cambiano la farina in torta, le uova in frittata, il burro in qualcosa di meno animale dello sfruttamento? A doverle insegnare cos'è l'onore, cos'è il rispetto? No, non ha senso. E me lo ripeto ogni volta che tolgo dalla fondina la pistola e miro addosso al mio rivale. Ogni volta che quello cambia faccia, culo, treccia o motivo, o pratica sessuale. E se non sparo è solo perché non può una vacca così semplicemente armarmi la mano. Non può essere lei il mio destino, la mia decisione, la mia porta chiusa sopra a un oltraggio. E allora so cosa mi spinge a non tirare il grilletto, cosa mi trattiene dal fare fuoco. Perchéé se pensa, davvero pensa, che possa prendersi gioco di me, la gallina, beh... si sbaglia, alla grande si sbaglia. E lo capirà, oggi, quando le farò esplodere la faccia."

19 commenti:

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    il vescono consiglia una Beretta Giubileo :)(Eri)

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  2. ps nascoste nel post-racconto, almeno due citazioni... per chi le trova, Cassandra fornisce una premonizione a gratis...

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  3. dai.. vediamo chi le trova (io non di sicuro ^_^) però ho una visione, tra pochissimo ci alzeremo e usciremo per andare a fare un paio di commissioni...

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    1. ed io ho la premonizione che poi torneremo e cucineremo e mangeremo...

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  4. dal che si potrebbe desumere che vi siano istanti in cui il pensiero rivolto al gentil sesso sia molto poco galante e cortese!
    eppure si dice che anche questo è amore e in effetti quando ci si mette a parte del peggio che ci riesce di indossare sotto ai sai e alle aureole, è ben giusto dire che ci si trova molto prossimi a quel concetto.
    si divertono tutti in questa storia, e anche il narratore sembra ben celare un po' d'invidia e ben rivelare un sottile disappunto in equilibrio tra loro.
    Bang, Bang!

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    1. ho letto dopo delle citazioni, a volerle trovare direi una canzone di de andrè, di cui ovviamente ho dimenticato il titolo:)

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    2. non so se si divertono tutti. e' quanto afferma il protagonista. e' un racconto in soggettiva. ma io ho i miei dubbi seri che si tratti di una visione aderente alla realta' che quello vive...

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    3. in quanto alle citazioni, se c'e' un de andre', m'e' scappato e non mi riferivo a quello.

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  5. ha un cuore da fornaio e forse mi tradisce

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    1. BECCATA UNA! G3RT avanza una premonizione da Cassandra.

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    2. non lo so se la voglio una premonizione... :)

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    3. non sai quanti hanno questo problema con Cassandra.... :)
      cmq quello che scrivi mi piace un casino, sappilo.

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    4. sono io invece che invidio la tua capacità di usare le parole e arrivare così spesso così in profondità

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    5. Cassandra ringrazia e conclude "dunque, piacere reciproco"

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  6. Nel gioco delle citazioni non sono mai molto bravo, però il racconto l'ho letto con piacere. (Anche se, a livello di puro godimento di scrittura, mi ha dato più emozioni il precedente).

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    1. il precedente post infatti, se era un racconto, era il racconto di emozioni in susseguire.

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