Se fossi un troiano, sarei Cassandra. Chi se ne frega degli eroi esagitati con tutte le loro fisime da Dei convinti che ostentano sapere, volere e tenacia? Sai che noia! Io voglio la resa davanti all’evidenza. Il miracolo senza cui non si puo’ stare. Io voglio un altare di pietra e pelli di bestie scannate. Conciate. E grezza, la lana, voglio intorno al collo. Voglio i velli e i confini del non ritorno. Voglio crescere come l’edera sui muri, voglio improvvisamente comparire. Come la bellezza sa fare, come tutti fingono di capire. Hai davanti quattro carte questa notte, ognuna e’ un destino. Ci sono quattro tarli diversi, c’e’ il fuoco del camino e Cassandra si piega in avanti e sorride allungando la mano. Prende dal tavolo un foglio di carta e i colori, e saluta con lo sguardo distratto. S’affaccia sospesa sul pozzo, infinito. Socchiude le labbra, non ha piu’ saliva. E qualcosa le parla, e’ una voce, sicuro, ma bisognerebbe provare. Qualcuno crede che attinga, mentre lei strilla, perche’ e’ la sua stessa vita a farle cosi’ tanto male. E nessuno la stima. Nessuno le dà retta. Nessuno le bacia la bocca rossa come la terra. Nessuno la trapassa senza lasciare impressioni, niente l’attraversa abbastanza in fretta. Cassandra ha gli occhi svelti che accolgono il tempo, e la neve e la legna e i turbini grigi sulla sciarpa, prima ancora che arrivi l’inverno.

Leave me alone, Cassandra


(immagine di copertina: Francesca Anita Modotti)

martedì 15 maggio 2012

STROZZI(NAGGIO)



(Immagine dal web)






(“Me compreso.” H. Miller)


Si barcamenavano come meglio sapevano e s'appigliavano nel modo che riuscivano a fare. A immaginare. Tutto pareva buono all'uso, ma ognuno ambiva, incredibilmente, al collo. Non so perché fosse in effetti così, dato che, precipitando, un braccio saldo è meglio di uno stelo e non molti posseggono una base per la testa degna di un boxeur. E poi ci sono anche altre appetibili parti nei corpi. Certo, non tutti hanno peni enormi e tosti, non tutte hanno culi o tette marmoree, ma da qui a scegliere sempre e comunque un risicato fascio di nervi e vene, ce ne passa. Persino i capelli sembrano più invitanti, in certi frangenti, se non altro per il richiamo a vecchie fiabe dove giovani principesse calano lunghe trecce da enormi torri per consentire ai baldi cavalieri di arrampicarsi fin sopra il fiorito davanzale. Ecco, posso capire che nessuno volesse attaccare il grembo. Farò finta di credere che fosse per rispetto alla venerabile madre o per paura di trovarsi a tu per tu, lì sospesi, con lo scroto del padre. Ma davvero no, non capirò mai perché a ciascuno piacesse cercare l'altrui gola. Da stringere come la corda di una campana. Da suonare. Per farsi dire sì, per farsi dire no. Per far tacere all'occorrenza il malcapitato. E ne avrei pena, del disgraziato, non fosse che tutti erano disgraziati e ciascuno stringeva un collo. Tutti anelli della stessa catena. Quella del cesso.    

1 commento:

  1. Vale anche per i colli gozzosi? Comunque... quanto è vera sta cosa, miseria. (sucre)

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