Se fossi un troiano, sarei Cassandra. Chi se ne frega degli eroi esagitati con tutte le loro fisime da Dei convinti che ostentano sapere, volere e tenacia? Sai che noia! Io voglio la resa davanti all’evidenza. Il miracolo senza cui non si puo’ stare. Io voglio un altare di pietra e pelli di bestie scannate. Conciate. E grezza, la lana, voglio intorno al collo. Voglio i velli e i confini del non ritorno. Voglio crescere come l’edera sui muri, voglio improvvisamente comparire. Come la bellezza sa fare, come tutti fingono di capire. Hai davanti quattro carte questa notte, ognuna e’ un destino. Ci sono quattro tarli diversi, c’e’ il fuoco del camino e Cassandra si piega in avanti e sorride allungando la mano. Prende dal tavolo un foglio di carta e i colori, e saluta con lo sguardo distratto. S’affaccia sospesa sul pozzo, infinito. Socchiude le labbra, non ha piu’ saliva. E qualcosa le parla, e’ una voce, sicuro, ma bisognerebbe provare. Qualcuno crede che attinga, mentre lei strilla, perche’ e’ la sua stessa vita a farle cosi’ tanto male. E nessuno la stima. Nessuno le dà retta. Nessuno le bacia la bocca rossa come la terra. Nessuno la trapassa senza lasciare impressioni, niente l’attraversa abbastanza in fretta. Cassandra ha gli occhi svelti che accolgono il tempo, e la neve e la legna e i turbini grigi sulla sciarpa, prima ancora che arrivi l’inverno.

Leave me alone, Cassandra


(immagine di copertina: Francesca Anita Modotti)

domenica 24 giugno 2012

LACONICA PRESENZA


(Immagine dal web)




La glorificazione dei tempi passati è come la risacca del mare. Conchiglie nude, pesci marci, fisso lo sguardo nel vuoto a disegnare un grottesco fuggire, uno stanziale divenire, un impero promiscuo, torrioni massicci e impolverati, e gelati, da leccare prima che crema imbratti sostegno, prima che baffi marroni si colorino ai lati della bocca. Una statua s'impone alla vista. L'uniforme decolla il santo. Coglioni di mulo. La pira brucia nella pietra. Parole incise su basamenti di marmo. Chini gli schiavi si rivolgono a Medina per la prima preghiera. Vestali brune in candida seta. Vestigia brulle scaricate nei fossi e studiate dai gabbiani.
La glorificazione dei tempi andati si lamenta del vano tentativo. Tatuaggi, piercing, giungla di cemento e asfalto. Ciminiere, urlanti rockers e forsennati riti. Incidenti laconici schiantano il vento sopra gli angoli scalfiti. Tutto ciò che porto a testimonianza mi cambia. Abbasso gli occhi sopra tanta insensata nudità celata. Sollevo dal suolo la bisaccia. La carico in spalla. Esistono verbi che nessuno sa coniugare in un tempo relativo adeguato alla vita che ghiaccia.

8 commenti:

  1. farò finta che non mi sia piaciuto (anche se non mi chiamo rossella:)

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    1. ah sei arrivata anche su Crackonti allora :)

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    2. sì però non entra nel blog roll, allora ti "cracko" anonima;)

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    3. non so nemmeno cos'e' un blog roll... :) cracka cracka...

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  2. Ispiratissimo pezzo, anche se a colpirmi nel profondo è stata l'immagine in alto: quando saremo settanta miliardi (dopodomani) quello lì non sarà l'aspetto di tutto il pianeta: sarà l'aspetto dell'angolo più bello e più vivibile...

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    1. Cassandra dice "dopodomani e' un altro giorno. ma gia' si vede."

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  3. queste considerazioni mi appartengono un po': a dir il vero, non riesco più nemmeno a fare osservazioni, occhi stanchi, ma sempre vigili, bocca aperta, ma nessun verbo ne fuoriesce, sarei già pasto degli uccellini lassù, se non ci fossero uccellacci anche peggiori qui giù /

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