Se fossi un troiano, sarei Cassandra. Chi se ne frega degli eroi esagitati con tutte le loro fisime da Dei convinti che ostentano sapere, volere e tenacia? Sai che noia! Io voglio la resa davanti all’evidenza. Il miracolo senza cui non si puo’ stare. Io voglio un altare di pietra e pelli di bestie scannate. Conciate. E grezza, la lana, voglio intorno al collo. Voglio i velli e i confini del non ritorno. Voglio crescere come l’edera sui muri, voglio improvvisamente comparire. Come la bellezza sa fare, come tutti fingono di capire. Hai davanti quattro carte questa notte, ognuna e’ un destino. Ci sono quattro tarli diversi, c’e’ il fuoco del camino e Cassandra si piega in avanti e sorride allungando la mano. Prende dal tavolo un foglio di carta e i colori, e saluta con lo sguardo distratto. S’affaccia sospesa sul pozzo, infinito. Socchiude le labbra, non ha piu’ saliva. E qualcosa le parla, e’ una voce, sicuro, ma bisognerebbe provare. Qualcuno crede che attinga, mentre lei strilla, perche’ e’ la sua stessa vita a farle cosi’ tanto male. E nessuno la stima. Nessuno le dà retta. Nessuno le bacia la bocca rossa come la terra. Nessuno la trapassa senza lasciare impressioni, niente l’attraversa abbastanza in fretta. Cassandra ha gli occhi svelti che accolgono il tempo, e la neve e la legna e i turbini grigi sulla sciarpa, prima ancora che arrivi l’inverno.

Leave me alone, Cassandra


(immagine di copertina: Francesca Anita Modotti)

martedì 17 luglio 2012

STORIA


(immagine dal web)



Ci svegliammo una mattina, zuppi di amniotico e con gli occhi bene aperti. Nel petto divampava il fiato, come fosse stato lui l'incendio e noi Roma. Un Nerone sconosciuto, in filodiffusione, cantava lodi e miserie della stanza in cui stavamo rinchiusi.
Con gli occhi studiammo le pareti. Nessuna porta, nessuna finestra, nessun intonaco, nessun mattone a vista, nessun mobile moderno ne' antico. Solo specchi, specchi riflessi. Paralleli, opposti, affacciati su una infinita illusione, tanto che ci parve come verosimile fondasse, l'intera sala, su noi medesimi e sulle nostre figure torve. Tanto che ci parve, la nostra immagine, cancellare la necessità di qualsiasi altra ricerca, desiderio e aspirazione. Escludemmo quindi di buon grado, e con fede e convinzione e ragionamento deduttivo, tutte le alternative ipotesi di visioni o eco, remote e future. 
Ogni angolo della stanza mostrava una differente prospettiva del nostro gruppo, e chiamammo questo “diversità”. Litigammo su chi potesse dirsi a capo dell'immagine, decidemmo per l'alternanza, e chiamammo questo “pluralismo”. Non ci venne mai in mente di vincere l'oppressione claustrofobica che quella galera ci imponeva, e chiamammo quel limite “Storia”.

19 commenti:

  1. Solo una parola : meraviglioso...bellissimi i concetti di "diversità", "pluralismo" e "Storia" :)
    Buona serata :)

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    1. :) cassandra ringrazia per il raro apprezzamento del suo "vedere"...

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  2. Evviva le metafore che spiegano la realtà meglio di quanto non sappia fare lei stessa...

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  3. :-))) ringraziala...
    Posso condividere su FB?...

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  4. benissimo...allora procedo :-)
    grazie a te e a Cassandra... ;-)

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  5. Poi una grande porta, fino ad allora invisibile a tutti si aprì. Un grande occhio ci scrutò e una voce dall'alto tuonò: "Dammi l'insetticida che qui è ancora pieno."
    (Apocalisse di Giovanni Rana)

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    1. e non facemmo in tempo nemmeno a sputarci dentro una volta, a quell'occhio? diocrudele...

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  6. Cassandra dice: "ho fatto di meglio... ho tirato molta piu' sfiga di cosi' :P "

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  7. se hai fatto di meglio lo decidiamo noi che ti leggiamo :D

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  8. Cassandra dice "vi ho avvertiti..." :P

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  9. abbiamo limiti anche nel creare nuovi termini, nell'esprimerci.. tristezza!

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  10. Cassandra dice: "la tristezza pero' sembra illimitata...."

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