Se fossi un troiano, sarei Cassandra. Chi se ne frega degli eroi esagitati con tutte le loro fisime da Dei convinti che ostentano sapere, volere e tenacia? Sai che noia! Io voglio la resa davanti all’evidenza. Il miracolo senza cui non si puo’ stare. Io voglio un altare di pietra e pelli di bestie scannate. Conciate. E grezza, la lana, voglio intorno al collo. Voglio i velli e i confini del non ritorno. Voglio crescere come l’edera sui muri, voglio improvvisamente comparire. Come la bellezza sa fare, come tutti fingono di capire. Hai davanti quattro carte questa notte, ognuna e’ un destino. Ci sono quattro tarli diversi, c’e’ il fuoco del camino e Cassandra si piega in avanti e sorride allungando la mano. Prende dal tavolo un foglio di carta e i colori, e saluta con lo sguardo distratto. S’affaccia sospesa sul pozzo, infinito. Socchiude le labbra, non ha piu’ saliva. E qualcosa le parla, e’ una voce, sicuro, ma bisognerebbe provare. Qualcuno crede che attinga, mentre lei strilla, perche’ e’ la sua stessa vita a farle cosi’ tanto male. E nessuno la stima. Nessuno le dà retta. Nessuno le bacia la bocca rossa come la terra. Nessuno la trapassa senza lasciare impressioni, niente l’attraversa abbastanza in fretta. Cassandra ha gli occhi svelti che accolgono il tempo, e la neve e la legna e i turbini grigi sulla sciarpa, prima ancora che arrivi l’inverno.

Leave me alone, Cassandra


(immagine di copertina: Francesca Anita Modotti)

domenica 4 novembre 2012

CARA MAJA



(Balzolo, Majella Orientale, foto dal web)



Cara Maja,
ti scusi per la mail che hai letto con tanto ritardo e io sorrido. Qui i giorni scorrono così uguali che se anche la tua risposta fosse arrivata tra un anno, avrei ricordato la mia domanda come vecchia di una sola settimana.
Sembra che abbiamo scelto un giorno, io e lei. Uno che c’è piaciuto e che continuiamo a rivivere. Quello e altri due o tre. Per esempio capita di rivivere il giorno in cui si fa l’amore, il giorno in cui si scrive, il giorno in cui si fa un lavoro in casa o il giorno in cui si esce per andare in paese. E’ come se dopo una vertigine a salire da un punto verso il cielo, sul mappamondo, adesso fossimo ri-precipitati in quel punto, e ne avessimo fatto il nostro universo.
In questo momento il giorno identico che riviviamo ogni giorno è nella variante autunnale. Piove, qualche volta dal tetto.
Ieri davanti alla stufa ci siamo abbracciati e le ho detto: io e te che attraversiamo la crisi.
Ridendo l’ho detto.
Qui sul poggio, contando i giorni di autonomia, a me sembra che non perdendoci in assurdi voli pindarici, abbiamo recuperato vita e senso. Quando il vento si posa e giace il silenzio, allora mi sembra che il sorriso, la sua pelle liscia, questo verde intorno, cucinare e mangiare, siano gli istanti stessi che compongono il mio tempo. E che altrove mi sentirei semplicemente alieno.
Un pensiero alla precarietà, per chiudere: semmai conobbi in questa vita altra condizione, ormai dubito persino della memoria di quei giorni lontani e considero qualsiasi pretesa di stabilità, un capriccio di bimbo che batte i piedi e domanda la sua illusione.

28 commenti:

  1. Adoro la variante autunnale che oggi ci propone, quella che fuori è solo nuvolo e freddo e dentro non piove. Saluti a Maja

    RispondiElimina
    Risposte
    1. in questi frangenti e' utile accumulare un po' di legna...

      Elimina
    2. va bene, la accumulo, in effetti quella che c'è è tutta sparsa :)

      Elimina
    3. si vede che hai studiato ;) e soprattutto che ormai per certe cose hai il rifiuto...

      Elimina
    4. Eh ma io h uno zoppo di tutto rispetto da emulare ;)(anzi due, dimenticavo Nello..)

      Elimina
  2. Se non avessi rovinato la vostra intimità, vi avrei abbracciai anch'io.
    I giorni sono solo una variazione sul monotono tema, un cambio d'abito per mascherare il medesimo corpo.
    Avrei portato per voi una bottiglia di vecchia romagna etichetta nera un brandy che crea l'atmosfera.
    Poiché non resta che procacciarsi un po' di atmosfera.
    La precarietà uccide lentamente. E' l'assassinio del sogno, la distruzione della speranza di non dover combattere ogni giorno.
    Bravo poeta. Mi sono commosso. Saluti a mammina.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. cin cin Gianni :) abbraccio ricambiato...

      Elimina
    2. Mamma Majella, monumento alla naturale precarieta' che esprime il divenire, ricambia i saluti.

      Elimina
    3. Se si beve posso venire anche io? :P

      Elimina
    4. Random, non hai capito, si beve solo acqua... a te di certo non interessa...

      Elimina
    5. E io che volevo portare da bere ... va beh ...

      Elimina
    6. ehi Lecter, guarda che se mi fai gonfiare il fegato poi il sapore peggiora....

      Elimina
    7. Mi sembri piuttosto informato...per esperienza o sentito dire?

      Elimina
    8. non me lo mangio piu' il fegato... mica a caso.. :P

      Elimina
    9. Pensa ... a me non è mai piaciuto. Preferisco se lo mangino gli altri :P

      Elimina
    10. e menomale... giusto quello ci lasci! :P

      Elimina
  3. cassandra che descrive a maja lo stato di grazia?

    RispondiElimina
  4. Si ci sono gorni, ma ancheistanti che dentro di noi riviviamo di continuo, e in quel momento di ricordo sono veri e reali, ogni volta , ogni volta, ogni volta ............

    RispondiElimina
  5. tutti coloro che pensano di esserci sempre vissuti

    RispondiElimina
  6. E' proprio così, come lo descrivi.
    E se non avessi lei da abbracciare davanti alla stufa, se non avessi una giornata da riassaporare, una crisi da superare, non avrei certezza di amare.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ...cara Maja... :) (oggi in citta' ne stavo scrivendo un'altra di lettera alla dea...)

      Elimina