Se fossi un troiano, sarei Cassandra. Chi se ne frega degli eroi esagitati con tutte le loro fisime da Dei convinti che ostentano sapere, volere e tenacia? Sai che noia! Io voglio la resa davanti all’evidenza. Il miracolo senza cui non si puo’ stare. Io voglio un altare di pietra e pelli di bestie scannate. Conciate. E grezza, la lana, voglio intorno al collo. Voglio i velli e i confini del non ritorno. Voglio crescere come l’edera sui muri, voglio improvvisamente comparire. Come la bellezza sa fare, come tutti fingono di capire. Hai davanti quattro carte questa notte, ognuna e’ un destino. Ci sono quattro tarli diversi, c’e’ il fuoco del camino e Cassandra si piega in avanti e sorride allungando la mano. Prende dal tavolo un foglio di carta e i colori, e saluta con lo sguardo distratto. S’affaccia sospesa sul pozzo, infinito. Socchiude le labbra, non ha piu’ saliva. E qualcosa le parla, e’ una voce, sicuro, ma bisognerebbe provare. Qualcuno crede che attinga, mentre lei strilla, perche’ e’ la sua stessa vita a farle cosi’ tanto male. E nessuno la stima. Nessuno le dà retta. Nessuno le bacia la bocca rossa come la terra. Nessuno la trapassa senza lasciare impressioni, niente l’attraversa abbastanza in fretta. Cassandra ha gli occhi svelti che accolgono il tempo, e la neve e la legna e i turbini grigi sulla sciarpa, prima ancora che arrivi l’inverno.

Leave me alone, Cassandra


(immagine di copertina: Francesca Anita Modotti)

giovedì 23 febbraio 2012

APPUNTI PER UNA TESI SUL VAGABONDAGGIO (PARTE SECONDA) - SUBLIMAZIONE o DELLA REVERSIBILITA' DI CERTI FENOMENI



(L'opera d'arte qui sopra e' di Francesca Anita Modotti)





Augurati di vederci bene, stanotte. Spera che le stelle o la luna o un fuoco ti vengano in soccorso. E pensa al male che hai fatto, al male che hai reso, al male che ti attende sopra i bivacchi, in mezzo alle tende, tra i rovi e le spine di un drago cancellato nei limiti del possibile. Frantumati gli ultimi ricordi, avremo più spazio dove giostrare coi nomi. Così tua madre si confonderà con la tua donna, e via via a scendere, fino all'ultimo limone fiero che naviga tra il cemento dell'aria e il piombo. Risulterà simile all'inverno scorso, quello. Al tempo, al lampo che insegue il tuono e che al suo richiamo si compie, si incanala nei flussi d'oltremanica e ti scende rotto in pancia, come un colpo di tosse. Allargami le cosce, intanto dice tua zia, e tuo cugino piange. Sotto al letto ascolti esterrefatto, respiro mozzato, lingua tra i denti. E non ti spieghi niente. Sai solo che non dovresti essere lì, che lì è sbagliato, che è tutto un prato coltivato a ortiche, per la buona sorte, per la sfinge, per chi dipinge e lascia indietro gli angoli più acuminati, onde evitare di tagliarsi. E smussati poi i lati del tuo crinale, ti lascerai guardare? Come se fossi nebbia da respirare. All'epoca in cui correvi sopra i balconi, saltando le ringhiere, non c'era in te un solo spruzzo di misantropia. Volevi solo vedere. Ridere, cadere. Cadere era un vezzo riservato ai meno fortunati, ai più coraggiosi, ai più forti. Che pareva lo facessero apposta alle volte, come a sottolineare che certe cose sono riserva di caccia per chi abita in quella corte. Arrivò infine il giorno in cui potesti misurarti al muro e dire d'essere cresciuto. E dai balconi sulla terra coi piedi toccavi. E avevi freddo solo quando c'era da chiedersi quante volte mancavi a scuola, e poi al lavoro, e poi alla chiamata alle armi. L'avessi saputo al tempo, non avresti oggi così tanti rimpianti. Perché scappare, alla fine l'hai imparato, è una attività che ti coinvolge per l'intera vita. Non c'è scopo al giocatore, se rinuncia alla partita. Fare il tifo, mettersi da parte, è come recitare fino alla morte un carnevale. Non vale nulla di quanto hai detto, non vale nulla di quel che hai fatto. Conta solo il modo che hai imparato di respirare. Così cogli l'attimo, e sparisci nel buio di questa notte, dove il silenzio sa guidarti all'altro capo del mondo. E finito il percorso, congiungi le mani e cerca di evaporare. Cerca che tu sappia farlo in un minuto. Meglio ancora, in meno di un secondo. E alla fine, quando oltre la spiaggia ci sarà l'oceano e oltre l'oceano la vita che scorre, cambiati in qualcosa di meglio. Cambiati in qualcuno che risponde.

7 commenti:

  1. una continua epopea.. e di domande poco risposte ne so qualcosa e ne ho anche scritto l'altro ieri!

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  2. Ho quasi paura a dire quanto mi è piaciuto quel "Cambiati in qualcuno che risponde"... perché si rischia di passare per uno di quelli che leggono solo l'ultima riga... :)
    Però non mi faccio problemi e te lo dico lo stesso.

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  3. ps x Sabrina, Petroliomuso e Zio... scusate ragazzi, me so svejato cosi' :P

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