Ciò che
segue è la ferma risposta di un vile alla vita. Sdrucita, agognata, lamata di
fresco, lavata col sangue. Si dice che andò così, che cominciò così e che
all'inizio non sapesse neanche lui cosa fare. Come del resto, anche in seguito
non cambiò, rimase uguale, lo stesso ma nonostante questo, il resto è diverso
da che si potrebbe immaginare. Dal principio, dunque, furono equilibri tra
Persepoli e Sparta, o cose come invecchiare e addolcire, i contrari e i diversi
a inseguire. Poi fu il delirio, la notte, lo scontro. Il saccheggio. E in coda
non rimase niente altro che un racconto. Questo.
Drudo si
svegliò all'alba per andare a pisciare. Come è noto, a una certa età, le
funzioni fisiologiche cessano di mandare informazioni al cervello, Quindi lui
fu contento, come lo era spesso, di essersi svegliato anche quella mattina
asciutto, e non piuttosto in un lago di urina, giallo da far vomitare..
Il vecchio
Alfredo ne aveva di problemi simili, e già da sei anni. Li andava confidando a
Drudo, perché sapeva di potersi fidare. Drudo, in effetti, era uno che si
faceva i fatti suoi, e sapeva i fatti di tutti come si sanno le parole di certe
filastrocche. Perché la gente ama comunicarsi al mondo, ma preferisce che il mondo
faccia finta, al momento opportuno, di sapere ignorare.
Dopo aver
pisciato da seduto, e non per un fatto di mira, quanto piuttosto per un fatto
d'igiene, il vecchio Drudo si accomodò sul divano, unico posto libero da
oggetti di tutto l'appartamento. Era un caso che così fosse, anche quello era
un caso, visto che Luca, il vicino, glielo aveva sgombrato la mattina
precedente, non sapendo bene dove sedersi durante la visita di cortesia
settimanale. E dalla mattina precedente ancora non aveva fatto in tempo, lui,
Drudo, uomo solo e ramingo, a depositarci sopra i resti del proprio
sconclusionato ciondolare.
Da che la
moglie era morta, ormai trent'anni prima, viveva nel caos degli oggetti
inanimati. Che malgrado tali fossero, erano anche tanti come i minuti che
procedono dalla nascita verso un ipotetico avvenire. Tali e tanti, erano, da
avere poco effetto sul suo sonno e sui ricordi, ma abbastanza da renderlo
succube dello spazio e dei volumi.
In effetti,
la moglie, gli aveva lasciato un buon addestramento in fatto di igiene,
avendolo addomesticato fin da subito alla pratica della minzione da seduto, per
esempio, ma nulla aveva ottenuto dal tentativo di combattere la facilità
dell'uomo al disordine. Del resto, lei, la moglie, cosa avrebbe mai potuto
ricavare con la tecnica adottata, e che prevedeva non tanto porre rimedi al
comportamento, quanto mettere un argine ai suoi effetti?
Forse era
stata più che altro la volontà di conservare lo scettro, o il controllo della
casa, a determinarne le scelte. E infatti s'era limitata, per tutta la vita, a
pulire e riordinare lamentandosi, ciò che l'uomo spargeva in giro come fosse un
vento. Tutto, pur di non insegnargli dove andava appeso il cappotto, dove
andava riposto il pane, dove andavano stipate le mutande. Ancora trent'anni fa,
con la morte stampata in faccia, era lei a mettere sul letto la biancheria
intima del marito. E solamente sul punto di spirare gli aveva rivelato dove
nascondesse le spezie per la cucina.
Per la
minzione, no, non era stato in fondo diverso. Anche quello un modo per far
sentire l'uomo ospite sopportato persino nella stanza del cesso. E lui, da
ospite, ci aveva vissuto bene. Perché in fondo sedersi sul wc a pisciare non
era questo grande sforzo. E chiedere, sempre chiedere, dov'è questo e dove è quello,
era un ben magro prezzo da dover pagare in cambio dell'impunità per reati come
l'incuria e per inestimabili e ambitissime possibilità tipo quella di restare
in qualche modo bambini, per sempre.
Alle sei e
venti squillò il telefono, ma spingersi fino alla cornetta risultò operazione
impossibile. Le reni gridarono un ALT! prima ancora dell'abbozzo di un
tentativo. E così Drudo lasciò che il telefono urlasse, si raccapezzasse e
capisse che, con quaranta minuti da dover impilare fino a toccare le sette, era
ancora troppo presto per pretendere di sentire un pronto da
questo lato del mondo. E se anche fossero state le dieci, certo Drudo non
avrebbe risposto. Non aveva nulla da dire, e niente sapeva. A che pro quindi
dare ascolto? Fossero state le dieci, o le undici, o anche più tardi, avrebbe
raggiunto l'apparecchio e l'avrebbe guardato. Solamente guardato, come faceva
da anni.
La parete
di fronte al divano, incorniciava lo schermo di una vecchia televisione spenta,
e lui la guardava. La parete, non la televisione. Guardava la parete e
aspettava che le reni si scaldassero. Inevitabilmente si sentì come si doveva
essere sentita la Grecia in bocca a Mussolini, quando quello l'aveva minacciata
di spezzarle gli organi. E rise. Rise, Drudo, di quel paragone e di un unico
ricordo: sua moglie da bimba col gatto di pezza chiamato Rene o Giramondo. Lui
se lo ricordava bene, poiché quella donna l'aveva conosciuta da ragazzetto
12enne, quando era lei ancora poco più che un cecio di pasta in un bicchiere.
Dire che se
ne fosse innamorato subito, sarebbe dire una bugia. Dire che lei l'aveva amato
dal primo momento, sarebbe dire la verità. Dire che s'erano aspettati, poco e
male, sarebbe dire com'era andata.
Quando
Drudo partì militare aveva 21 anni. Rimase in fermo per 38 mesi. Partendo, vide
la sua futura moglie salutarlo col fazzoletto, affacciata dalla finestra di
casa. E sorrise alla bambina, che tale era allora, essendo di otto primavere più
giovane.
Nei tre
anni di fermo, per lui, ci furono bordelli e malattie veneree. E lettere ad
amanti improbabili di paesi in cui a malapena si capiva che fossero, anche
quelli, italiani.
Drudo non
amava scrivere, amava solo dormire. E si faceva beffe di quanti altri seguivano
i treni del crescere appresso a un libro, o a qualche fantasia legata a forme
oniriche lontane dal sogno nel sonno.
Drudo
cercava di non notare niente, perché s'era accorto che più era distratto di
giorno, più al buio si facevano vivide le immagini. E così una notte aveva
incontrato persino la Morte. E quella l'aveva trattato da pari, come se nulla
li separasse. Non lo spirito, non la materia. Come fossero figli del mondo alla
stessa maniera
Dal canto
suo, la bambina col gatto di pezza, aveva vissuto alla finestra con le sue
trecce appese. E sì, fantasticando del ritorno del ragazzo e di quello che
dalle trecce sarebbe salito su fino alla camera, ma aveva col tempo capito che
un gelato vale bene una mano nei pantaloni di certi signori. E che ad agitare
un pene, se ne otteneva sempre qualcosa di buono.
Poi Drudo,
un giorno, tornò. con la bisaccia e i baffi, e un ceppetto tra i denti.
Sorrideva, e si faceva il grande e il gradasso.
Adesso, ci
sono casi, tempi o errori minimali, che definiscono dal principio il verso di
una relazione. E come un oltraggio, come un presagio, per quanto la ragazzina
avesse atteso in finestra, quel giorno fatidico, proprio quello, lì non c'era.
E si perse il ritorno dell'uomo, e gli abbracci ai parenti, e le corbellerie
che andava dicendo per la via, come fosse un eroe di guerra tornato dal fronte,
quando il fronte non c'era e la guerra nemmeno. E non si videro neanche alla
sera, che lei rientrò dal lavoro, e lui intanto montava il turno in osteria, a
far fuori l'ultima paga da milite in bicchieri di vino e salame. E come un
salame finì, Drudo, quella notte, ubriaco e sciatto, a dormire appoggiato alla
ruota di un carro, all'incrocio col Corso del loro paese. E russando e scolando
dal naso, non fece una splendida impressione alla ragazza, quando questa
s'accompagnò alla sorella per andare a riempire le taniche d'acqua al
fontanile. Ecco, la sorella rise nel vedere quel tipo baffuto e svenuto. La
ragazzina invece no, si fece prendere piuttosto dall'ira. Forse per essere
stata, malgrado i sogni, non lei la prima a riconoscerlo sulla via del ritorno.
Di essere stata ne' prima, ne' seconda, ne' terza e nemmeno quarta. Di essere
finita in coda, persino dietro i compagni di osteria. Così poggiò uno dei
secchi che aveva addosso e con l'altro, presolo coi due palmi, investì l'uomo
di un getto d'acqua gelata, e non volle parlargli che molto, ma molto più
tardi. Era talmente tanto tardi, quando gli parlò, che quello s'era persino
cambiato e rasato i baffi.
In quanto a
Drudo c'è da dire che l'aveva guardata andare via senza fiato nella gola,
sussultando, in preda a un qualche disguido nel reclutamento, che a lui, fante,
era sembrato per un istante l'avessero trasferito in Marina, e che in un
qualche affondamento or ora stesse morendo.
Drudo
l'acqua non l'amava, non la beveva, non la usava. Ma era altresì poco uso a
passare da stati di coma a stati d'azione. E se l'aria gli era mancata per più
di un secondo, c'era eccome una ragione. Perché sì, il primo soffocamento era
stato dovuto alla secchiata che gli avevano tirato... ma poi fu solo l'immagine
di una giovane donna imbronciata che va via, a renderlo un fesso cianotico e
imbambolato.
La vide
andare via, la seguì con gli occhi, e con gli occhi la vide entrare nel
portone. E pur non essendo un genio nelle addizioni, capì al volto come il
tempo scorra e sopra certe forme faccia dei gran bei servizi, dei gran bei
lavori. Si lavò, si tagliò i baffi, e l'aspettò per diverse ore giù in cortile.
Quindi sì, ci parlò che era tanto più tardi, e lei lo prese al guinzaglio
fissandolo negli occhi. Al guinzaglio lo prese, come un mulo, o come un cane. E
da quel momento furono solo due figuranti del circo. Si sposarono, non ebbero
figli, e dopo pochi anni si ripresentò la Morte.
Si
ripresentò come un dazio da pagare, come un ispettore delle tasse, come un
giocatore che gioca duro, che non ha bisogno nemmeno della sorte. O che così
lascia capire.
Certo,
Drudo sapeva che Quella non è la scacchiera. Che per quanto sia brava, è pur
sempre e solo un giocatore. E che l'abilità di far credere all'avversario
d'essere più di un pari, è l''unica mossa che assicuri la vittoria. La Sua
strategia. Il colpo segreto e vincente in uso alla Nera Signora. E sapendolo,
Drudo, che non capiva niente altro oltre a questa bella scienza dal nome
"sopravvivenza", La lasciò fuori, nel cortile, ad aspettare.
L'ignorava, e Quella bussava, finché non fu per Lei il momento di andare. Perché
la Morte e il Tempo sono due cose diverse, non c'è molto altro da dire. Una fa
servizio... l'altro ne raccoglie i frutti in divenire.
La Morte
però, del Tempo, è buona serviente. Ligia. Cosicché ogni volta andava via, e
poi tornava immancabilmente.
Vennero a
patti, alla fine dovettero farlo. Ogni giorno che Quella si presentò alla
porta, se ne andò via con un velo nuovo sugli occhi vuoti.
Il velo
Drudo lo cuciva alla mattina. Lo confezionava con cura, in due gocce di veleno
che mescolava al vino della moglie, Per trent'anni l'avvelenò, e mentre quella
sbiancava, la Morte riempiva il suo padrone di doni. Tele con merletti, agapi,
rose, petali e altri fiori. Ogni stilla di veleno era un giorno guadagnato. E
quando alla fine la moglie morì di lenta consumazione , Drudo era stato
dimenticato.
Così adesso
di anni ne ha circa 100. Marcisce e non risponde al telefono, ne' alle lettere
che qualche volta il mondo gli scrive. E di sé non sa nulla, se non il fatto
che è sopravvissuto. E sopravvive, girandoci attorno, anche quando inevitabile
qualche domanda gli piove addosso.. in tutta la vita, e per l'eternità del
Tempo, lui non è niente altro che questo racconto.
che essere immondo, deprecabile, sconciamente deforme nella sua inessenza inutile e vuota, così tanto schifoso, ributtante, osceno, meschino, orripilante quanto al contrario è sublime il racconto per il modo del suo autore di dirlo.
RispondiEliminaora vado a riempire le taniche al fontanile che sarebbe poi casa del vicino, chè la cascata è gelata e stamattina sono senz'acqua:(
chi vorrebbe sopravvivere all'umanita', pur essendo uomo, non capisce cosa vuol dire "umanita'"... :)
RispondiEliminaCi sono persone talmente testarde e pragmatiche che continuano a vivere come se nulla fosse, ignorando volutamente il fatto di essere morte, fino a dimenticarsene. Ogni tanto perdono qualche pezzo. Di solito, quando si soffiano il naso, rimane un pezzetto di carne marcia nel fazzoletto. Io, personalmente, trovo estremamente poetico lasciare suonare il telefono senza neppure chiedermi chi possa essere.
RispondiEliminacazzo, vuoi rispondere? ero io stamattina!!!! :)
EliminaL'hai chiuso con una certa fretta, a mio parere e so che di questo parere non te ne fai nulla, tanto meglio direi!
RispondiEliminaMateriale c'è, c'è roba, c'è umanità a dispetto di quanto si possa pensare, ben diverso è capire cos'è l'umanità, ma c'è.
Il Drudo, che è un idiota, è un personaggio interessante, al sapore di quella beat generation che tanto ci garba.
A volte nel leggere c'era un qualcosa di dispersivo ma lo stile di scrittura, il linguaggio mi garba.
Detto troppo, saluti.
beh si, e' sbrigativo. in fondo e' si etichettato "racconti" ma e' pur sempre un post... quelli se passano la giornata, diventano cose troppo serie. almeno per me... :) (si, c'e' parecchia umanita'... qualsiasi cosa voglia dire umanita') per il resto.... dici dici, se hai da dire :) saluti
EliminaPer fortuna la "bruttezza" del personaggio è inversamente proporzionale alla bravura dello scrittore... :-) Mi è piaciuto molto questo ritratto per come è delineato il personaggio...
RispondiEliminagli elementi singoli non definiscono il dolore e non si prepara il te per il proprio assassino (Drudo e' un prototipo in via di sviluppo, o anche, desertificazione e' produzione di solitudini separate. o anche, la palla e' mia e non giochiamo piu'... insomma, riferiro' i complimenti a Cassandra :) )
Elimina:-) un prototipo in via di sviluppo... o di sottosviluppo? ;-)))
RispondiEliminasalutami Cassandra :-)
sara' fatto. quando la mettero' a letto stasera... :)
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